D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


giovedì 7 marzo 2013

Mission impossible di Marco Travaglio

Ieri Bersani era chiamato al massimo sforzo
per rendere almeno possibile la mission impossible
di un governo Pd-M5S. E in un certo
senso il suo massimo l’ha dato con gli 8 punti
del “nuovo” programma. Purtroppo il suo
massimo è molto meno del minimo che potrebbe
consentire ai neoeletti del M5S di giustificare
davanti ai loro elettori l’eventuale appoggio
a un governo. E quel minimo potrebbe
garantirlo solo un’alta personalità della società
civile, non compromessa con i partiti e gl’inciuci
dell’ultimo ventennio: come ha proposto
Santoro. Anche perché dire “mai al governo
con B” mentre si governa con B. da 16 mesi, fa
sorridere (“mai più al governo con B.” sarebbe
più credibile). Intendiamoci: fra gli 8 punti ci
sono anche cose buone. Che però – a parte la
legge elettorale alla francese – sono pure le più
vaghe o diluite in tempi lunghi (e nei tempi
lunghi saremo tutti morti): rinegoziare in Europa
i vincoli di bilancio, peraltro sottoscritti
da Monti con l’appoggio del Pd; salario minimo
per chi non ha lavoro, che peraltro il Pd
definiva insostenibile quando lo proponeva
Grillo; norme costituzionali per abrogare le
province e dimezzare i parlamentari; legge sulla
responsabilità giuridica dei partiti; tagli e
taglietti qua e là su compensi e poltrone negli
enti locali; nuove norme su corruzione, falso in
bilancio, reati fiscali, autoriciclaggio, voto di
scambio e addirittura riforma della prescrizione
(appena accorciata dalla legge Severino,
su proposta del Pd, con salvataggio di Penati e
delle coop rosse); e altri bei propositi.
Non una parola sui cavalli di battaglia del M5S
che l’han portato al successo in tutt’Italia e
addirittura al trionfo in Val Susa, a Siena, a
Taranto e così via: via i fondi pubblici a partiti
e giornali; via le leggi 30 e Fornero; via dal
Parlamento tutti i condannati, anche sotto i 2
anni; no alle grandi opere inutili, dal Tav Torino-
Lione al Terzo Valico, e agli F-35; via i
sussidi a banche e imprese private (Mps, Fs,
Autostrade ecc.); basta con i Riva che violano
la legge all’Ilva; inversione di rotta sui rifiuti,
per ridurre progressivamente i materiali inceneriti;
antitrust per tv e pubblicità; ritiro delle
truppe dall’Afghanistan; tetto alle pensioni
d’oro. Totalmente ignorata anche la campagna
online di MicroMega , che ha raccolto 130 mila
firme in cinque giorni, per dichiarare subito
ineleggibile B. ai sensi della legge 361/1957 sui
concessionari dello Stato.
Anzi il modello da seguire per i conflitti d’interessi
è la legge-brodino approvata in commissione
“alla Camera nella XV legislatura”
(2006-2008). Una barzelletta. Il testo, scritto
da Franceschini, Bassanini e Violante (“Si tratta
di perfezionare la legge Frattini”) e nobilitato
dalle firme di Elia e Onida, riguarda solo
i conflitti dei membri del governo, non dei
parlamentari; e soprattutto non prevede alcuna
ineleggibilità, ma solo il passaggio delle
azioni delle imprese del titolare del conflitto a
un blind trust, un fondo cieco. Ma così si può
risolvere il conflitto d’interessi “attivo”: quello
di chi, al governo, potrebbe legiferare a vantaggio
delle proprie aziende. Non certo quello
“passivo”: di chi, al governo, viene favorito
dalle proprie aziende – tipo tv e giornali – nel
mantenere o nell’acquisire consenso presso
l’opinione pubblica. Insomma, se B. rimane un
semplice parlamentare, anche se diventa capogruppo
del Pdl o presidente del Senato, non
gli succede niente; casomai tornasse al governo,
le sue azioni di Mediaset, Mondadori ecc.
finirebbero nel fondo cieco, ma i suoi giornalisti
continuerebbero a vederci benissimo (e
comunque, a quel punto, potrebbe abrogare la
legge). Sarà un caso, ma il primo a escogitare il
blind trust (Montanelli lo chiamava “blind
truff”) per risolvere il conflitto d’interessi di B.
era stato, nel 1994, lo stesso B. Insomma, i
5Stelle un governo Bersani non possono appoggiarlo.
Ma Berlusconi sì.

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