D'un tratto nel folto bosco

Non c’era nessuno in tutto il paese che potesse insegnare ai bambini che la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quel che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero.
Amos Oz


domenica 27 gennaio 2013

Ecco gli “impresentabili” nel prossimo Parlamento



Liste pulite e impresentabili. I giorni - in alcuni casi addirittura le ore - che hanno preceduto la presentazione delle candidature, sono stati caratterizzati dal ripetersi di queste due parole. Per qualcuno sono state fatali, altri l’hanno scampata. Il tema è di quelli caldi, che suscitano l’interesse (e l’indignazione) degli elettori: quanto sarà «pulito» il prossimo Parlamento? Quanti deputati o senatori inguaiati con la giustizia si siederanno in Aula per votare leggi? Quali sono i partiti con più «onesti»? Con la norma sull’incandidabilità, la legislatura che si chiude ha fissato una serie di paletti per tenere fuori dalle Camere chi ha subìto una condanna definitiva di almeno due anni per una serie di reati. Per il resto è tutto rimandato al libero arbitrio dei partiti, che hanno deciso in base a ragioni di opportunità politica. 
Dopo aver fatto la radiografia alle liste per quanto riguarda facce nuove, giovani e donne, oggi tocca quindi ai guai giudiziari dei candidati. Ovviamente, anche in questo caso, tenendo in considerazione quelli che saranno eletti, grazie all’indagine realizzata da «La Stampa» e dalla Fondazione Hume sulla base del sondaggio dell’istituto Piepoli pubblicato venerdì che ha disegnato la composizione del nuovo Parlamento. 


La soglia stabilita è quella del rinvio a giudizio: nell’analisi sono stati quindi presi in considerazione solo i candidati che hanno raggiunto lo status di imputato e che non ne sono usciti assolti (la prescrizione non è stata considerata come assoluzione). Salvi, quindi, i candidati che sono «soltanto» indagati. 

La fotografia scattata assegna il «primato» a due partiti, in base al metodo con cui viene effettuata la graduatoria. Considerando Udc, Fli e Lista Monti come un unico gruppo (al Senato si presentano sotto lo stesso simbolo), il partito con il tasso più alto di candidati con guai giudiziari è il Pdl (5%), seguito a brevissima distanza dalla Lega (4,8%), con la coalizione che sostiene il Professore all’1,4% e il Pd a 0,8%. Massima pulizia (secondo i parametri sopra spiegati) per gli altri partiti che dovrebbero eleggere deputati o senatori, vale a dire Sel, Rivoluzione Civile, Movimento Cinque Stelle e Fratelli d’Italia. Se andiamo invece a separare i tre partiti del centro, emerge chiaramente come gli unici candidati «con macchia» della coalizione siano tutti dell’Udc: vale a dire il 7,7% di quelli che saranno eletti in Parlamento.  

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